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Un racconto di Natale: la signora del terzo piano (quarta parte)

Posted: 7 Dicembre 2018 by AnnaVentrella

Ultima parte del racconto. Ti invito a lasciarmi un commento, per dirmi cosa ne pensi, ci tengo per davvero.

Dopo poco Gianni arrivò, e Pasquale che sapeva dov’ero, lo accompagnò da me. Bussarono alla porta e quando aprimmo, Cassandra ed io ci scambiammo uno sguardo di intesa divertito, osservando i due buffi personaggi di fronte a noi: Pasquale e Gianni sembravano due compagni di giochi che scherzavano tra di loro. Pasquale aveva una risata buffa, ma tanto coinvolgente, che metteva allegria.

“Buonasera Cassandra. Ho portato Romeo qui …ahahhah”

“Ciao Pasquale. Vi prego entrate, vi offro una cioccolata. Piacere, tu sei Gianni?”

“Sì sono io sono Romeo ahahhah”

“Alice mi ha parlato di te. Sai che sta imparando a dipingere?”

“Sì me lo ha detto. Trovo che sia meraviglioso che lei scopra nuovi hobby. Alice ha tanto da dare al mondo”

Deve essere stata quella risposta a convincerla a fare quello che dopo pochi minuti fece.

Lo guardò con un’aria molto compiaciuta, come se avesse detto qualcosa di unico.

“Pasquale senti, più che una cioccolata non è che vogliamo concederci 4 focacce ripiene? Quelle buonissime che fanno a quel negozio all’angolo? Hai presente quale?”

Sbalordito della richiesta, ma incapace di dire di no, accennò un sì e poi subito dopo le fece presente che a casa c’era la moglie che lo aspettava per cena. Effettivamente il pomeriggio era trascorso veloce, erano le 19.00 passate e il turno del portiere era bello che finito.

“E che problema c’è? Di focacce ripiene ne prendiamo 5 più una sesta a cioccolato e questa sera tu e tua moglie venite qui da me. Ceniamo con i ragazzi”

Non riuscivamo a credere alle nostre orecchie. La signora elegante e compita del terzo piano, sempre riservata e silenziosa, ora aveva invitato a cena ben cinque persone ed era anche passato Natale.

Miracolo.

Pasquale, che a stento riusciva a proferire parola perché ne era momentaneamente sprovvisto, elaborò un pensiero confuso.

“…va bene, va bene signora Cassandra … solo andiamo a domandare il permesso a mia moglie … sa avrà preparato la cena … sa le donne come sono fatte …”

“…Pasquale sì, lo so. Sono una donna anche io ricordi? Non ti preoccupare, con tua moglie ci parlo io …”

Avevo il timore che da un momento all’altro Pasquale avrebbe avuto un infarto, ma per fortuna non accadde nulla. L’unico che sembrava assurdamente disinteressato alla cosa era Gianni, che tranquillo si aggirava in casa osservando le sculture di vetro …

“Gianni, ti piacciono?”

“Sì signora sono stupende, le rifiniture sono eccezionali”

Le rifiniture?? Gianni cosa ne sapeva di rifiniture? Sembrava una scena del teatro dell’assurdo quella che mi si presentò davanti agli occhi in quel momento. Quando la mattina dopo ci ho ripensato, ho riso per buoni trenta minuti.

“Vero … senti Alice, ci vorrà un’oretta per convincere Luciana a venire qui e poi a prendere le focacce…”

D’un tratto una voce dal nulla del povero Pasquale che ancora osservava Cassandra come se un alieno si fosse impossessato di lei tutto in una botta, fece una domanda:

“… scusi signora Cassandra, ma…”

“Come so il nome di tua moglie?”

“Eh… come lo sa?”

“Tua moglie ed io, ogni martedì sera, quando tu vai a giocare a carte con i tuoi compagni di sempre, ci intratteniamo in piacevoli conversazioni sul jazz …”

“… ah … ho capito … va bene”

Arreso all’evidenza, fece un bel sospiro di sollievo, come uscito da un’immersione e tornò a sorridere sereno.

“Alice … allora, tu e Gianni restate qui. Ok? Tua madre non ti cerca stasera, giusto?”

“… no no … sapeva che questa sera uscivo per cena.”

“Aspetta, seguimi Alice … prima di andare devo mostrarti una cosa alla quale devi fare attenzione … vieni”

Di nuovo la stessa magica scena, io dietro di lei, mentre ci incamminavamo in una parte della casa delle fiabe che non conoscevo. Aprì una porta e vidi una stanza da letto tutta celeste, con un bel letto matrimoniale. Cuscini grandi sparsi ovunque e una cassapanca antica di legno al lato del letto, proprio vicino alla grande finestra.

“… A cosa devo stare attenta?”

“… a non sprecare la tua occasione perfetta tesoro .. .staremo via almeno due ore”

 

Divenni prima rossa, poi bordeaux, poi viola credo e poi ringraziai…

“ grazie… ma io non so se …”

“Infatti mica dovete per forza. Se volete questa potrebbe essere la vostra occasione perfetta. Vedi laggiù?”

“Sì… cosa?”

“C’è uno stereo … accanto una colonna di CD di Frank Sinatra. Lo conosci?”

“ no… però se tu dici che è bello, io lo metto”

“ direi che è soggettivo, ma tanto ne hai di musica da scegliere, la casa ne è piena e tu qui sei libera …”

“Cassandra… ma questa è la tua stanza?”

Rise, ma proprio tanto. Mi contagiò e cominciai a ridere anche io

“Alice, sei una ragazzina dolcissima e io ti adoro, ma non vi darei mai la mia stanza…”

“…ok ok va bene… chiaro. Torniamo di là … a Gianni verrà un colpo e non so nemmeno se, diciamo, è preparato …sai”

“… secondo cassetto nella mia stanza, quella lì in fondo al corridoio…vedi?”

“…ah …ok”

Di nuovo rossa, bordeaux, viola e questa volta balbettavo anche

“Alice… ti sembro inopportuna offrendoti questa occasione?”

“No … no è che davvero è un regalo, io non credevo che noi due saremmo mai diventate così intime amiche. Insomma capisci, tu due mesi fa a stento mi dicevi buona sera e buongiorno e io ho quindici anni, tu non so nemmeno quanti, di te non so niente e ora mi offri una stanza per stare con il mio ragazzo. Insomma, ammetterai che è un po’ assurdo? No?”

“Vero… ma ti ho sempre osservata come tu hai fatto con me. Il giorno in cui ci siamo incontrate per le scale, io sapevo che dovevo lasciarti la possibilità di conoscermi. Che credi che non ti abbia visto spiare nello spioncino ogni mattina prima di correre a scuola?”

Di nuovo rossa, bordeaux, viola e questa volta piena di vergogna

“Tranquilla Alice, non sono arrabbiata. Questo è solo per dirti che io avevo curiosità di conoscere te, quanto tu ne avevi di conoscere me.”

Mi abbracciò. Tornammo di là, Pasquale e Gianni nel frattempo avevano ripreso a scherzare. Poi Cassandra prese la giacca, dei soldi e con Pasquale uscì.

Ci fu un attimo di assoluto silenzio in quella casa, tutto sembrava immobile e allo stesso tempo avevo la sensazione che, a breve, qualcosa sarebbe cambiato per sempre per me.

Gianni ed io, ci guardavamo e lui con la sua aria un po’ svampita ma allo stesso tempo molto sveglia, fischiettava con le mani in tasca, aggirandosi per il salotto delle fiabe.

In quel momento compresi che solo io ero pienamente consapevole di quello che sarebbe accaduto a breve, quindi in certo qual senso ero di qualche minuto davanti a Gianni, in senso temporale, diciamo. Per la prima volta, da quando lo conoscevo, non sarebbe stato lui quello che vedeva oltre.

“Alice, ma secondo te la signora ha dipinto lei tutti i quadri in casa? Hanno un che di originale …”

“Gianni … ti devo dire una cosa”

Comprese che il mio tono era diverso dal solito. Smise di fischiettare, si tolse le mani dalla tasca e mi abbracciò.

“Certo, dimmi… non è grave, vero?”

“…no è che Cassandra ed io sai … insomma, ci raccontiamo tutto”

“Sì lo so … quindi?”

“eh quindi le ho detto del nostro sogno dell’occasione perfetta… hai presente quale occasione?”

Da serio, il suo sguardo, con quei grandi occhi scuri, divenne sorprendentemente sbarazzino.

“… quella occasione? La nostra occasione?”

“…sì Gianni, quella. Tu che ne pensi?”

“…penso che sei bellissima in questo momento, nel pieno del tuo imbarazzo…”

Divenni rossa, bordeaux e poi viola ma questa volta la mia era vergogna d’amore

“Non imbarazzarti Alice… anzi sai cosa, sì …imbarazziamoci entrambi …”

Eccolo lì … riusciva sempre a farmi sorridere, ma soprattutto a farmi respirare. Gianni era un ragazzo dolce, molto consapevole delle sue emozioni, anche a quindici anni. Sarà per questo che quando lo guardo oggi, ho tanta ammirazione per lui e per il modo in cui riesce a trasmettere gioia a tutti quelli che lo circondano.

“… Gianni, io non so se questa storia durerà per sempre ma sappi che in questo momento io ti amo …”

“… anche io Alice … e come sempre non ti prometterò di amarti per sempre. Lo so che non vuoi”

“ … sì, quel per sempre mi sa di falso …”

“Lo so …”

Ci abbracciamo, ci baciammo e fu uno dei momenti più teneri di quelle ore. Lo condussi nella stanza che mi aveva indicato Cassandra e mi assicurai di avere tutto a portata di mano.

Andai io personalmente nella stanza di Cassandra e presi dal secondo cassetto quello che ci serviva. Mentre ero in quella camera da letto, mi resi conto di un altro particolare di Cassandra. Era una donna incredibilmente attenta ai dettagli. Il letto aveva una trapunta, forse, fatta a mano, e ogni blocco di stoffa della trapunta colorata aveva un bordo ricamato di rosso.

Quella trapunta era l’unico dettaglio colorato presente nella casa della signora del terzo piano, appartamento 7. Mi ricordai il suo discorso sul concetto del colore “bianco” e del perché la sua casa era tutta di queste tonalità.

Quella trapunta però era colorata, e anche questa volta notavo una scelta decisa e precisa di una certa variazione cromatica: il rosso. Solo qualche anno più tardi mi resi conto del significato di quella trapunta e di quel colore in particolare, proprio appoggiato sul letto.

Tornai da Gianni, che nel frattempo aveva messo su uno di quei CD di Frank Sinatra. Caspita se era bello. Mi tese la mano e mi invitò a ballare. Era la prima volta che sentivo “White Christmas”.

Ballammo al buio, in quella stanza dai colori blu. Ci guardammo a lungo in silenzio negli occhi. Sorridevamo, perché sapevamo che era arrivata la nostra occasione perfetta e nessuno ce l’avrebbe potuta rubare.

Accadde tutto con molta purezza, semplicità e delicatezza. Non ricordo un solo momento di agitazione o di disagio. Stavamo per fare l’amore in una casa, che né io né lui conoscevamo, ma non ci importava.

Ricordo quella prima volta con molta tenerezza. Eravamo entrambi imbranati, inconsapevoli di quanto quel momento avrebbe per sempre cambiato il nostro modo di amarci.

Il dettaglio, che più piacevolmente è impresso nella mia mente, è l’attenzione di Gianni a far sì che i capelli non mi finissero mai sul viso. Quelle ore, le più dolci della mia adolescenza, trascorsero velocemente ma in modo molto intenso.

Restammo per molto tempo in silenzio abbracciati, a guardarci. Poi Cassandra tornò e con nostra sorpresa era sola.

“…Ciao…”

“… Ciao ragazzi … avete fame?”

“ …sì tanta” – Gianni, che aveva compreso il momento imbarazzo generale, corse verso Cassandra e non si fece problemi a dirle che la fame non era mai stata così profonda, come in quella occasione.

Cassandra rise, lo abbracciò e gli disse di andare in cucina e prendere due piatti.

“Come mai Pasquale e la moglie non sono qui?”

“Alice, tesoro … quanto sei ingenua. Ma sai cosa?”

“Cosa?”

“Tu devi rimanere un po’ ingenua … la vita fa un po’ soffrire se lo sei, ma è tanto più bella”

Sorrisi e compresi. Aveva inventato tutta quella scena per lasciare soli me e Gianni, non aveva assolutamente intenzione di invitare a cena per davvero lui e la moglie. Mi svelò che aveva cenato a casa loro, però, e che si era deliziata con dei buonissimi tortellini in brodo. Le focacce le aveva portate a noi.

“Grazie Cassandra … è stata proprio quell’occasione perfetta”

“ahhh tesoro… quanto sono felice per te.” Mi abbracciò stretta.

Cenammo in cucina, su di un tavolo all’americana. Cassandra in cucina aveva un frigorifero di quelli degli anni ‘50, bombato. Tutto in quella stanza della casa ricordava l’America, così le chiesi qualcosa del suo periodo statunitense.

Mi raccontò che lì si era innamorata per la prima volta, di un uomo che ancora la amava follemente e che lei ricambiava con ardore.

“… Cassandra e perché non torni da lui? Forse ti aspetta …”

Gianni mi guardava imbambolato. Mi resi conto che mentre Cassandra ed io parlavamo, lui mi fissava in silenzio sorridendo, completamente fuori dal contesto come sempre. Se ne rese conto anche Cassandra e decise di prenderlo in giro.

“Gianni … che dici mi vuoi dire il tuo vero nome?” – mi lanciò uno sguardo d’intesa mentre pronunciava quella frase.

Si svegliò dal sonno. La guardò sorridendo e le disse che il suo vero nome non era pertinente a quel contesto. Una risposta proprio stupida. Ma lui era solito, ogni tanto, affermare cose bizzarre. Cassandra però lo comprese e sorridendo lo abbracciò, come in segno di solidarietà.

“Sapete ragazzi… l’amore è una cosa meravigliosa, ma alla vostra età, non per tutta la vita. Io mi sono innamorata quando ero giovane, a 18 anni. Per dieci lunghi anni Anton, mio marito, ed io, abbiamo vissuto la magia dell’amore, della passione e la gioia della condivisione. Non avevamo molto a quell’epoca, ma lui con la sua capacità imprenditoriale ed io con le mie doti artistiche. abbiamo fondato un vero e proprio impero. Ci siamo sposati, abbiamo avuto una figlia e credetemi se vi dico che l’amore dei 18 anni non è mai scomparso. Lo sentiamo ancora ora, ma il problema è che sono le singole nostre vite a non adattarsi più a questi sentimenti. Il nostro amore, ora, è più bello se vissuto così”

“Ma non ti manca?”

“Moltissimo, ma io da quando ho perso Joanna, non sono più la stessa donna che lui ha conosciuto. Non sarebbe stato giusto fargli vivere una vita diversa, con una donna che non era più quella che aveva sposato”

Gianni ed io restammo in silenzio ma capimmo il senso di quel discorso e non le chiedemmo più niente. Si era fatto tardi, così salutammo Cassandra. Gianni mi accompagnò alla porta di casa.

“Alice… questa è stata la serata più bella della mia vita, fino ad oggi.”

“Anche per me Gianni. Promettimi una cosa…”

“Sì, cosa?”

“Che tu ed io resteremo sempre un po’ ingenui.”

“Sì… sarebbe una bella promessa da farti, ma sai benissimo che non sarà così troppo a lungo. Per cui ti prometto che proverò ad essere ingenuo più a lungo che posso”

Sorrisi. Ci abbracciamo. Ci baciammo. Ci salutammo dandoci la buona notte.

Mentre mi mettevo sotto le coperte, pensavo e ripensavo a quella scena e a come la signora del terzo piano aveva completamente sconvolto il mio mondo. Non sapevo ancora quello che lei avrebbe potuto fare per me, non avevo idea che grazie a lei avrei visto anche io l’America.

Ero solo un adolescente, avevo fatto l’amore per la prima volta. Non pensavo all’indomani, al futuro e nemmeno più alla signora del terzo piano.

Ora c’era Cassandra nella mia vita e ne ro felice.

Questa era l’ultima parte del racconto. Sarei felice se tu che lo hai letto, mi lasciassi un commento e mi dicessi se ti è piaciuto. Scrivendo questo racconto, che amato profondamente, dalla prima e ultima parola, ti ho voluto far vedere cosa vuol dire per davvero coinvolgere il lettore. Non so se ci sono riuscita per davvero, ma l’ho scritto davvero con passione. 

Questo è il potere delle parole: far viaggiare, pur restando fermi.